Sempre più spesso gli artisti sono chiamati a parlare del loro lavoro ad un uditorio di specialisti in altre discipline. Ad ascoltarli è talora una collettività di scienziati, talaltra di manager. Facoltà universitarie di orientamento scientifico organizzano Master ai quali s’invitano artisti con il precipuo scopo di dare voce alla loro esperienza. La planetaria negligenza per l’arte si è prodigiosamente evoluta in solerzia per le sue recenti vicende? Di che cosa è presagio siffatto destarsi dell’attenzione per l’arte da parte di settori tradizionalmente distanti?
Perché gli artisti sono divenuti oggetto d’interesse da parte di esponenti della scienza, dei mestieri, del management? Accantonata l’ipotesi che l’interesse sia orientato verso il frutto nel quale sboccia il loro lavoro, parrebbe sostenibile l’opinione secondo la quale il modus operandi di un artista contiene una potenzialità – per ora innominata – che se correttamente captata potrebbe “servire” a sbloccare situazioni e problemi con i quali si confrontano uomini di scienza, di management, d’altri elevati mestieri. Quando i mezzi “congrui” per risolvere i problemi si rivelano inadeguati parrebbe opportuno cambiare la strategia con la quale aggredire proprio quei problemi che le tecniche note non risolvono.
Che cosa del lavoro degli artisti potrebbe allora trasmigrare in altri operatori messi in stallo dalle tecniche abitualmente adottate, generalmente di ascendenza razionale o razionalistica?
L’artista è spesso percepito come visitato da intuizione e da questa guidato. Inesatto. Visitato da intuizione lo è sicuramente ma l’adeguamento dei mezzi alla visione intuitiva è lavoro d’alta razionalità, senza la quale l’esito tradirebbe l’idea primigenia. La ragione dunque al servizio dell’intuizione. E poiché l’intuizione è per ogni opera sempre imperiosamente diversa, l’artista predispone i mezzi adeguati con l’acume della propria intelligenza. L’artista è uomo allenato a risolvere miriadi di problemi. Ci riesce tanto più quanto più vigile è la sua razionalità e la capacità di quest’ultima di flettersi al cospetto dell’intuizione. Se risiede in quest’aspetto l’interesse altrui per l’esperienza degli artisti, come operare proficue trasfusioni di tale mentalità?
Il lavoro di un artista replica metaforicamente i tempi della vita. Un amplesso si consuma rapidamente. La gestazione che ne consegue si protrae per mesi. Il desiderio è rapido, rapace e fugace. Il suo frutto matura lentamente. I tempi della coniugazione e quelli della gestazione sono divaricati ma inspiegabilmente congrui e non rovesciabili. Inseminato dalla folgore della propria intuizione l’artista inizia un lungo percorso artigianale sostanziato d’intelligenza, tenacia, perizia.
Se la sola ragione fallisce; se l’intuizione da sola non viene a capo degli enigmi; se la sintesi (o il sincretismo?) di ragione e intuizione può aprire ardimentosi spiragli negl’inviolati enigmi, si ha ragione d’intuire negli artisti l’attitudine a risolverli. Enigmatici a se stessi e agli altri, gli artisti convivono audacemente con gli enigmi. Sono il loro vero mestiere. La loro arte consiste nell’affrontarli.